Posso risolvere problemi di condensa e muffa con la VMC?
Si, la corretta aerazione di vani e stanze è condizione essenziale per evacuare l’umidità in eccesso e prevenire le condizioni che portano a condense e formazione di muffa.
L’Ing. Sergio Pesaresi, esperto di comfort abitativo e progettazione energetica, approfondisce i temi della qualità dell’aria indoor, del controllo dell’umidità e delle soluzioni tecnologiche, in particolare la VMC. Un’analisi utile a comprendere come il “far girare l’aria” sia la vera formula del benessere nelle nostre case.
Permettetemi di cominciare questo articolo parafrasando, prosaicamente me ne rendo conto, il titolo di una canzone celebre in tutto il mondo scritta dal mio mito Bob Dylan per trasformarlo in Blowing the wind.
Lui suggeriva che la risposta ai tanti problemi del mondo la stava soffiando il vento. Io sostengo, invece, che la soluzione ai tanti problemi che assillano la nostra casa e la nostra salute, la “formula magica”, sia proprio il blowing the wind, cioè il “far girare l’aria”.
Tutti ricordiamo la scena del professore che entrava nell’ultima ora e diceva: “C’è aria viziata! Aprite le finestre” e per accelerare il ricambio d’aria compiva un gesto che racchiudeva, forse a sua insaputa, un alto contenuto tecnico: lasciava aperta anche la porta dell’aula per “fare corrente, per far girare l’aria”! Geniale. Blowing the wind, appunto.
Geniale perché in quel modo semplice risolveva le criticità che si erano create lentamente all’interno dell’aula nel corso delle precedenti ore di lezione, così lentamente che noi studenti non ce ne rendevano neanche conto ma che erano la causa, per noi nascosta, di quel malessere fisico, del mal di testa, del bruciore agli occhi e dell’inevitabile calo dell’attenzione verso quel che stava dicendo il docente.
Quando entrava il professore dell’ultima ora, lui, che veniva dall’esterno, si rendeva subito conto che mancavano le condizioni di un buon comfort abitativo perché la nostra sudorazione e la nostra respirazione avevano aumentato a dismisura il tasso di umidità nell’aria, la mancanza di ossigeno causava il malessere fisico e respiratorio, l’alta concentrazione di anidride carbonica – dovuta alla nostra respirazione con la quale aspiriamo ossigeno ed espiriamo appunto anidride carbonica – ci annebbiava la vista e il cervello e le emissioni di sostanze provenienti dal vestiti, dai mobili e dalle vernici (in particolare VOC e formaldeide) causavano il mal di testa e il bruciore agli occhi.
Ora riavvolgiamo il nastro e cerchiamo di capire da dove e come nascevano i problemi e perché il gesto di quel professore lo abbiamo definito geniale. Scoprire cosa mancava per completare l’opera. E comprendere perché blowing the wind sia la nostra “formula magica”.
Per farlo dobbiamo introdurre alcuni concetti di fisica tecnica.
Innanzitutto lasciamo la nostra vecchia aula scolastica ed entriamo in casa nostra. Sul tavolo della cucina ci sono due bottigliette d’acqua. Ne prendiamo una e la mettiamo nel frigorifero.
Poi ci avviciniamo ad una finestra e alitiamo sopra il vetro. Vediamo che in quel punto il vetro si appanna, cioè si forma umidità, che è acqua, tanto che per eliminarla dobbiamo asciugarla con un panno o con una spugna. Respirare significa emettere umidità nell’aria.
| In casa abitano quattro persone che respirano (cioè come abbiamo visto emettono umidità, cioè vapore d’acqua, diciamo 55 grammi ognuno ogni ora), sudano (emettono umidità), fanno la doccia (che produce umidità nell’aria, attorno ai 200 grammi), stendono i panni (che si asciugano perché cedono la loro umidità all’aria, circa 1500 g), preparano i cibi (3000 grammi di umidità) … e tanto altro che… produce umidità, ça va sans dire! La famiglia di quattro persone produce dai 10 ai 15 litri di umidità ogni giorno (che, per capire, è come spruzzare in aria 20 o 30 bottigliette d’acqua! |

L’umidità è acqua che cambia stato: da liquido diventa gas (detto vapore acqueo) e si miscela con l’aria secca (composta da azoto 78% e ossigeno 21%) che così si arricchisce di umidità. La quantità di acqua – espressa in grammi (g) contenuta in un kg d’aria – viene definita “Umidità Assoluta” UA. Ma l’aria secca è in grado di trattenere una quantità limitata di vapore acqueo. La quantità massima di acqua che l’aria secca può contenere la definiamo “Umidità di Saturazione” Usat. In altre parole la “umidità di saturazione“ è la quantità massima di “umidità assoluta” che può essere contenuta in un kg d’aria. Per quantità intermedie si usa la definizione di Umidità Relativa UR che altro non è se non la percentuale di umidità assoluta UA contenuta in quel momento nell’aria rispetto alla quantità massima contenibile Usat. Per cui dire che l’umidità relativa è pari al 65% significa che l’umidità assoluta UA in quel momento è pari al 65% dell’Usat.
Ma c’è un ma. L’umidità di saturazione Usat non è costante ma varia al variare della temperatura dell’aria. L’aria, scaldandosi, si dilata e quindi è in grado di assorbire più umidità. Per cui un litro d’aria a 20°C può contenere più vapore acqueo rispetto a quando è a 10°C. Diamo alcuni numeri: a 0 °C un kg di aria secca può contenere 3,78 g di vapore acqueo, a 10°C 7,63 g (il doppio) e a 20°C 14,7 g (ancora il doppio).
Quindi l’umidità relativa UR non è un valore assoluto come può esserlo invece l’umidità assoluta UA ma dipende dal rapporto intimo fra due fattori: la temperatura dell’aria e la quantità di acqua presente nell’aria, cioè l’umidità assoluta UA.

Perché il valore dell’umidità relativa UR è importante? Perché è uno dei parametri che più influenzano e determinano il comfort abitativo.
Per garantire il comfort abitativo l’umidità relativa UR deve essere compresa fra il 40% e il 60%. Non meno del 40%, altrimenti si ha l’effetto fastidioso della gola secca e difficoltà di respirazione e deglutizione, e non più del 60%, per evitare difficoltà di traspirazione della pelle e di sudorazione (che sono i due meccanismi che regolano la nostra temperatura corporea e quindi il nostro benessere).
Questo range 40%-60% deve essere garantito in ogni situazione e per ogni temperatura dell’aria. Per garantirlo, e ora sappiamo perché, è necessario tenere sotto controllo la quantità di umidità presente in aria, espressa come umidità assoluta UA, in modo che ad una data temperatura dell’aria l’UR risultante sia compreso nel range che assicura il benessere indoor.
La domanda che ora ci poniamo è: come faccio a regolare e a tenere sotto controllo l’umidità assoluta UA?
La risposta, ricordiamoci, è nel vento: blowing the wind, cioè nel “far girare l’aria”, come faceva il professore che spalancava le finestre e apriva la porta in modo da creare quella corrente d’aria che faceva uscire l’aria esausta dall’aula e faceva entrare aria pulita dall’esterno. Ma domandiamoci, visto che siamo curiosi, perché il ricambio d’aria diminuisce l’umidità assoluta UA?
Perché essendo l’aria esterna più fredda (chiaramente siamo in inverno perché in estate teniamo già le finestre aperte….) può contenere meno umidità assoluta UA. Per cui ricambiando l’aria (cioè sostituendo lo stesso volume d’aria) l’umidità assoluta UA diminuisce e, di conseguenza, diminuisce l’UR interna.
Quindi il sistema del professore funziona. Si, funziona ma deve essere perfezionato perché presenta qualche criticità. Vediamo quali sono.
La prima criticità la riscontriamo nella modalità del ricambio volontario d’aria. Per un ricambio ottimale dovremmo aprire le finestre di casa, curando di aprirle contemporaneamente su affacci opposti proprio per creare un flusso di corrente, per tre minuti ogni due ore. E farlo per tutto il giorno e per tutti i giorni. Ma chi di noi è disposto ad alzarsi la notte ogni due ore per ricambiare l’aria di casa per tre minuti? Chi di noi può rientrare a casa dal lavoro ogni due ore? E quando andiamo in vacanza e non siamo in casa, chi la ricambia l’aria?
Diciamo che ci farebbe comodo avere un sistema meccanico che svolgesse questo servizio in maniera automatica e autonoma, anche quando dormiamo o siamo al lavoro o in vacanza. Questo sistema lo potremmo chiamare Ventilazione (perché ricambia l’aria), Meccanica (perché lo fa in maniera autonoma) e Controllata (cioè segue le mie impostazioni in modo da tenere l’UR sotto controllo), VMC. Si tratta quindi di un sistema intelligente, programmabile e gestibile.
La seconda criticità la possiamo spiegare così: durante il ricambio, è vero che l’aria che io butto fuori dalla finestra è esausta, cioè carica di umidità, di cattivi odori, di anidride carbonica ma, se ci pensiamo bene, è anche carica di calore, quel calore che la mia caldaia ha prodotto e che il mio portafogli ha pagato, caramente tra l’altro.
In pratica dalla finestra si disperde un volume d’aria che la mia caldaia ha riscaldato a 20°C ed entra un medesimo volume d’aria ma a, supponiamo, 0°C, che poi la mia caldaia dovrà scaldare per portare la sua temperatura da 0°C a 20°C. A questo problema il professore non ci aveva pensato, Forse perché allora l’energia costava poco e ora costa molto, troppo. Ma, soprattutto, perché ora sappiamo che l’energia costa non solo al nostro portafogli ma costa molto, tanto, all’ambiente perché la produzione di calore ottenuto attraverso la combustione di fonti fossili quali petrolio, carbone, gas naturale, è la causa principale del surriscaldamento dell’atmosfera terrestre, responsabile a sua volta dei cambiamenti climatici che stanno mettendo a repentaglio la nostra società e la nostra economia.
Siamo nell’era dell’nZEB, cioè di case che consumano pochissima energia e quella che consumano non è di origine fossile. Ricambiare l’aria tramite l’apertura delle finestre è diventato così quasi un lusso. Sicuramente uno spreco di energia inutile che si può evitare. In che modo?
Con una modifica, a mio parere geniale, che ha reso il nostro sistema VMC un impianto che permette di risparmiare molta energia. Vediamo come. Parto da un vecchio adagio che recita “Non gettare il bambino con l’acqua sporca”. Nel nostro caso l’acqua sporca è l’aria esausta di cui ci vogliamo liberare mentre il bambino è proprio il calore contenuta nell’aria esausta. Come evitare di gettare il bambino (il calore) con l’acqua sporca (l’aria esausta)? Si potrebbe fare così (ed è stato fatto): si potrebbe trasferire il calore contenuto nell’aria in uscita all’aria in entrata attraverso uno scambiatore di calore ad alta efficienza (o recuperatore di calore). In tal modo l’aria fredda in entrata viene pre-riscaldata (invece che entrare a 0°C entra già a 18°C) e il mio impianto di riscaldamento deve portarla da 18°C a 20°C invece che da 0°C a 20°C: un bel risparmio di energia!
Questo sistema lo chiamiamo allora VMC con recupero di calore ad alta efficienza.

Ora che sappiamo che ricambiare l’aria non comporta più uno spreco energetico, possiamo utilizzare il nostro impianto di VMC (inteso d’ora in poi con scambiatore di calore ad alta efficienza) per risolvere molte altre criticità.
Il ricambio d’aria, e quindi la VMC, aiuta a contrastare l’inquinamento indoor. È utile, ad esempio, per abbassare la concentrazione di anidride carbonica nell’aria di casa (che fuori è ora attorno alle 420 ppm e in casa 1500 ppm!), ridurre la concentrazione di VOC e di altre sostanze nocive emesse dalle vernici e dai prodotti chimici usati per la pulizia domestica, della formaldeide contenuta nei mobili, e per allontanare il gas radon, gas radioattivo pericoloso, che fuoriesce dal terreno.
In casa si possono presentare altre due criticità molto fastidiose e pericolose: la condensa superficiale e la muffa. Scopriamole.
Per prima cosa ci alziamo e andiamo in cucina. La nostra stazione meteorologica ci dice che l’aria è a 20°C e l’umidità relativa è pari al 50%: condizioni ottimali, direi. La bottiglietta d’acqua che ho lasciato sul tavolo è a temperatura ambiente. Ora apro il frigorifero ed estraggo l’altra bottiglietta e la metto sul tavolo. Dopo qualche istante la sua superficie si riempie di goccioline d’acqua… cosa sta succedendo?
Succede che la bottiglia ha una temperatura superficiale inferiore alla cosiddetta “temperatura di rugiada”, ossia la temperatura in corrispondenza della quale il vapore acqueo presente nell’aria condensa cioè passa dallo stato gassoso a quello liquido. Siamo in presenza di condensa superficiale. Cioè acqua che scorre…
Se torniamo allo schema visto sopra notiamo che siamo giunti all’ultima situazione sulla destra: l’altezza del bordo del bicchiere (che rappresenta la temperatura) è diminuita così tanto da non riuscire più a contenere la quantità d’acqua presente nel bicchiere.
Si forma la condensa perché la superficie è fredda. Ma fredda quanto?
Anche la temperatura di rugiada varia al variare della situazione igrometrica dell’aria, cioè del valore della umidità relativa UR.
In particolare con T=20°C e UR=50% la temperatura di rugiada è pari a 9,2 °C mentre con T=20°C e UR=65%
è pari a 13,2°C, Cioè si alza! Questo significa che si sarebbe formata condensa anche se la bottiglietta avesse avuto una temperatura maggiore. Possiamo ricavare questa conclusione: più alta è la umidità relativa UR, maggiore è il rischio di avere in un punto della casa la formazione di condensa superficiale. Chiaramente il problema non è la condensa sulla bottiglietta ma la condensa sui muri di casa, per cui la bottiglietta fredda non è altro che la metafora di un ponte termico che causa l’abbassamento della temperatura superficiale di quel punto al di sotto del limite di rugiada. Si forma condensa quando, l’UR in quel punto (non l’UR dell’aria della stanza!), raggiunge il 100% cioè l’umidità di saturazione Usat.

Ma dobbiamo anche capire come evitare la formazione della muffa in casa. O meglio delle muffe dato che si conoscono almeno centomila specie diverse che hanno impatti più o meno nocivi sulla salute umana. Le muffe possono essere tossiche e causare allergie e infezioni alle vie respiratorie. Alcune specie possono essere addirittura cancerogene. Meglio evitarle. Ma come?
Se la condensa è un fenomeno fisico, la formazione della muffa è invece un’infestazione biologica che viene innescata dalla presenza contemporanea di spore nell’aria che attecchiscono in una particolare combinazione di temperatura, umidità e natura del materiale della superficie muraria.
L’attecchimento è favorito da una condizione di umidità che, in un dato punto della superficie muraria, si mantiene attorno all’80% di umidità relativa UR per almeno una settimana.
| Così come per la condensa, anche la temperatura critica per la muffa è determinata dalla correlazione fra temperatura e UR. In particolare con T=20°C e UR=50% la temperatura alla quale può attecchire la muffa è pari a 12,6 °C mentre con T=20°C e UR=65% è pari a 16,7°C Questo significa che è più probabile che si formi la muffa che la condensa… |
Per risolvere queste due criticità alquanto fastidiose e pericolose è necessario intervenire su due fronti: tenere regolata l’UR dell’aria attorno al valore del 50%, e questo lo possiamo fare utilizzando il nostro impianto di VMC, e tenere elevata (diciamo attorno ai 17°C) la temperatura di TUTTI i punti della nostra casa.
Per fare questo un ottimo sistema è dato dall’applicazione di un cappotto termico.
Nella figura sotto vediamo, ad esempio, che il ponte termico che si forma in corrispondenza dell’inserzione di un pilastro all’interno di un tamponamento murario, comporta una temperatura superficiale bassa a rischio muffa e condensa.

Applicando sul lato esterno un cappotto termico, la temperatura superficiale nello stesso ponte termico aumenta ben oltre la soglia di rischio. Per questo motivo il cappotto termico aiuta ad evitare l’insorgenza di condensa e muffa.

Il tema della muffa in casa è un tema caldo, attuale, a volte divisivo che viene ripreso su tanti articoli di giornali e riviste o nei blog sui diversi social. In questi scritti si leggono informazioni e interpretazioni non sempre corrette e a volte addirittura distorte per cui ritengo sia corretto mettere, qui, i puntini sulle i.
1. A volte si legge: “Dopo che ho installato il cappotto termico mi è formata la muffa che prima non c’era”.
Un cappotto termico non provoca la muffa in casa, mai! Semmai concorre ad evitarla (non ad eliminarla dai muri se già presente!). Il cappotto termico infatti eleva le temperature superficiali interne rispetto alla situazione precedente ma per evitare la formazione di muffa l’utente deve comunque tenere sotto controllo l’UR dell’aria perché un elevato valore d questa comporta un innalzamento delle temperature critiche di formazione di muffa e condensa. Con UR oltre l’80% la muffa è pressoché inevitabile.
La regolazione della UR va fatta attraverso l’uso corretto della VMC.
2. Il superbonus 110% aveva considerato la sostituzione dei serramenti un intervento che poteva essere trainato dalla sola sostituzione dell’impianto termico, anche senza la contemporanea installazione di un cappotto termico. Questo ha causato, effettivamente, molti casi in cui si è verificata la formazione della muffa là dove prima dell’intervento non c’era. Ma non è colpa dei serramenti (perché sono di bassa qualità o montati male) come qualcuno sostiene. È vero, invece, proprio il contrario. La formazione della muffa è dovuta al fatto che i nuovi serramenti sono così ben fatti che hanno eliminato gli spifferi che i vecchi infissi invece facevano passare. Gli spifferi erano, ora lo sappiamo, un involontario ricambio d’aria che, a fronte di un elevato dispendio energetico, teneva basso il valore dell’UR e quindi impediva la formazione della muffa. La sostituzione dei serramenti senza la contestuale formazione del cappotto (che avrebbe rialzato la temperatura superficiale) e l’installazione di una VMC (che avrebbe regolato l’UR dell’aria) ha così determinato le condizioni per la formazione della muffa.
A questo punto qualcuno di voi può chiedersi: abbiamo capito a cosa serve ma non sappiamo come funziona un impianto di Ventilazione Meccanica Controllata. E allora andiamo a scoprirlo.

La VMC è un impianto in cui una ventola estrae dai locali di servizio (bagni, cucine, lavanderie, wc) l’aria esausta carica di umidità, di cattivi odori e di CO2 ma calda (ETA), la convoglia all’interno dello scambiatore di calore attraverso il quale cede il proprio calore e poi la espelle all’esterno (EHA). Contemporaneamente una seconda ventola aspira l’aria esterna fredda (ODA), la convoglia all’interno dello scambiatore, il quale cede ad essa il calore prelevato dall’aria esausta (ETA) preriscaldandola, e la invia (SUP) nei locali nobili della casa: soggiorno, studio, camera da letto.
Il sistema si compone, quindi di un corpo macchina centrale che contiene sia le ventole che lo scambiatore, collegato ai due plenum nei quali convergono rispettivamente le tubazioni di aspirazione e di immissione, di due tubi di grande diametro collegati all’esterno (debitamente coibentati), di silenziatori per evitare il trasferimento del rumore nelle e dalle varie stanze e dall’esterno e di filtri di pulizia dell’aria.
Questo è il sistema detto “centralizzato” perché serve tutte le stanze della casa in maniera ottimale.
L’impianto di VMC centralizzato necessita di tubazioni che collegano le stanze ai due plenum, per cui è necessario prevedere in sede progettuale la posizione e il percorso di ognuno di loro. Si tratta di un impianto abbastanza invasivo pertanto non sempre è adatto ad essere installato in occasione di interventi limitati che non comportano modifiche sostanziali o opere interne.
In quest’ultimo caso si rivelano utili ed adatti i cosiddetti sistemi VMC “decentrali” o “puntuali” che si applicano sui muri esterni delle singole stanze, senza pertanto richiedere modifiche interne. Ce ne sono di più tipologie.
Dai più semplici detti “monopunto” perché richiedono un solo foro verso l’esterno e che possono consistere o in una mera ventola o in un sistema “push/pull” in cui il flusso entrata/uscita, che avviene attraverso il medesimo foro, viene alternato in due fasi di mandata e ripresa.
Si tratta di sistemi semplici ed economici ma che non sfruttano a pieno le potenzialità di una VMC centralizzata.
Più interessante è invece il sistema VMC decentrale a doppio flusso incrociato che simula, con una buona accuratezza, il sistema centralizzato perché dotato di uno scambiatore ad alta efficienza e di continuità del flusso. Richiede di solito due fori verso l’esterno. Il suo vantaggio è la semplicità di posa e la bassa invasività in termini di opere edili e di costo. Gli svantaggi sono dato dal fatto che lavora su una sola stanza, per cui ne vanno applicati tanti quante sono le stanze; non ricambia l’aria fra le varie stanze e per un maggiore impatto acustico dato che la macchina è collocata proprio all’interno della stanza.

In alcune situazioni è preferibile optare per un sistema centralizzato, per le considerazioni fatte in precedenza, ma l’installazione di una VMC decentrale, specie se a doppio flusso e con prestazioni certificate, risulta essere comunque un’ottima soluzione da utilizzare nei casi “difficili”, casi in cui l’alternativa sarebbe non installare nulla. La VMC decentrale comporta indubbiamente vantaggi sia in termini energetici che di comfort abitativo.
Starà al cliente e al suo tecnico scegliere, fra le tante soluzioni tecniche presenti sul mercato, quella più adatta alla necessità di cantiere e di utilizzo.
Prevenire e trattare la proliferazione della muffa all’interno degli edifici è un tema da sempre centrale nell’ambito dell’edilizia di qualità. Scopriamo insieme le diverse tipologie di muffa e i casi in cui la VMC si rivela realmente efficace.
Scopri di piùSi, la corretta aerazione di vani e stanze è condizione essenziale per evacuare l’umidità in eccesso e prevenire le condizioni che portano a condense e formazione di muffa.
La muffa da condensa è molto frequente, tanto che è la seconda causa di patologie edilizie, e si origina per l’eccessiva umidità in ambienti interni con ricambio d’aria insufficiente.
I sistemi VMC puntuali sono la soluzione ideale quando si fanno ristrutturazioni leggere o si interviene in edifici esistenti, perché non necessitano di canalizzazioni d’aria e non richiedono spazi per controsoffitti né vani tecnici dedicati.
Le prestazioni dei sistemi di ventilazione Helty sono riconosciute dal Sigillo Qualità Casa Clima ed hanno ottenuto la validazione BioSafe


Il primo podcast che racconta l’importanza di respirare un’aria salubre in ogni ambiente: casa, scuola, ufficio. Un viaggio di scoperta e consapevolezza sui temi della qualità dell’aria indoor e sui pericoli dell’inquinamento negli ambienti confinati, dove condivideremo opinioni e consigli di esperti per migliorare la qualità dell’aria in modo significativo e capiremo perché la VMC – ventilazione meccanica controllata – è una tecnologia essenziale contro muffe e inquinamento indoor, per salvaguardare la salute nostra e degli edifici in cui viviamo.
Vedi tutti gli episodiAscolta gratuitamente nella tua app preferita
Vuoi sapere di più sulla VMC Helty?
Contattaci!